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04/09/23

Ghezzi & Annoni: innovativi per tradizione

Ghezzi & Annoni è una realtà fondata nel 1962 a Garbagnate Milanese, specializzata nella produzione di macchinari per la trasformazione di materiali auto-adesivi, etichette, carte, tessuti, film e altri materiali speciali. In pochi decenni l’azienda si è trasformata e da realtà artigianale è oggi leader di mercato, proponendosi come partner di eccellenza per tutte quelle aziende che richiedono un prodotto ad alto livello tecnologico. Il salto di qualità è avvenuto a cavallo del nuovo secolo, con la completa reingegnerizzazione di tutti i modelli della gamma, applicando concetti per l’epoca avveniristici, tra cui la riduzione delle parti mobili, l’ergonomia di utilizzo e un’automazione spinta ai massimi livelli. Abbiamo parlato con David Annoni, sales manager e terza generazione in azienda, per capire meglio Ghezzi & Annoni e le sue strategie.

 

Annoni, per cosa è conosciuta la vostra azienda?

“Il nostro core business è la realizzazione di macchine per il taglio e il riavvolgimento di materiali autoadesivi. Siamo noti soprattutto nell'ambito delle commodities, per il confezionamento di prodotti quali il nastro in propilene per chiudere scatole e quello per mascheratura, ma in realtà la nostra produzione è orientata verso prodotti speciali. Penso per esempio a nastri con applicazioni nei settori automotive, costruzioni o medicale. Quest’ultimo è un ambito dove spicchiamo, con soluzioni per il confezionamento di nastri per la chirurgia o il pronto soccorso, prodotti accoppiati molto sottili o tipo “tessuto non tessuto”, come le garze. In quest’ambito facciamo macchine ad alta velocità che non hanno eguali, in grado di compiere fino a 5 cicli completi al minuto.

Abbiamo clienti di qualsiasi dimensione, dai piccoli conto terzisti alle principiali multinazionali del mondo, ed esportiamo in una percentuale dell’85%. La quota italiana è quindi minoritaria, anche se in passato ci sono stati momenti, per esempio nel periodo dei finanziamenti per l’Industry 4.0, in cui i nostri clienti locali hanno investito maggiormente. Sull’Industry 4.0 siamo stati antesignani: è dall’inizio del nuovo millennio che applichiamo alla nostra produzione le metodologie che lo contraddistinguono. Questo ci ha permesso di essere pronti prima degli altri e di poter offrire ai clienti una tecnologia allo stato dell’arte”.

 

A tal proposito, qual è l’approccio verso il cliente?

“Abbiamo un grande pregio, che forse è anche un difetto: quello di seguire in maniera precisa e pedissequa le richieste del cliente, il che ci porta a sviluppare tecnologie uniche e molto complesse. Questo al contempo ci aiuta, perché sviluppiamo in anticipo soluzioni che verranno successivamente adottate dal mercato. È un po’ come nel motorsport, dove la squadra corse sviluppa tecnologie che poi vengono applicate alla produzione di scala”.

 

Quali sono le soluzioni tecnologiche sui cui state lavorando in questo periodo? Ci può fare qualche esempio?

“Qualche anno fa ci siamo confrontati con la necessità, espressa da alcuni clienti, di aumentare la velocità di produzione delle nostre macchine dedicate al settore commodities, tipicamente contraddistinto da grossi numeri, ma con ridotti margini di guadagno. Abbiamo lavorato sul nostro modello di punta, ma piuttosto che cercare di spingerlo oltre i limiti, lo abbiamo rafforzato e irrobustito, lavorando secondo i concetti già espressi: riduzione delle parti mobili, maggiore facilità di manutenzione ed ergonomia. La velocità è stata comunque aumentata del 10%, ma a crescere è stata soprattutto l’efficienza. Alla fine abbiamo ottenuto una macchina in grado di lavorare su più cicli, che in tal modo è di fatto più veloce, ed è diventata anche più robusta e di facile manutenzione”.

 

Quali sono le nuove problematiche o sfide a livello tecnologico?

“Di sfide tecnologiche ce ne sono tante: da una parte c’è la richiesta di fare macchine semplici per il settore del commodities dove, soprattutto su certi mercati, non c’è una grande necessità di evoluzione tecnica. Noi però cerchiamo di trasferire il concetto che investire su una macchina robusta e ad alto contenuto tecnologico, anche se sulle prime comporta un maggior esborso, nel lungo periodo si rivela la soluzione più conveniente.

Dall’altro lato c’è il traino verso la sostenibilità: un tema che tocca sia noi che i nostri clienti. Dal canto nostro lavoriamo sul fronte dei materiali, in modo da produrre macchine che siano in grado di lavorare con quelli eco-compatibili. Si pensi per esempio ai sistemi di chiusura delle scatole: per sigillarle e renderle adatte al trasporto nella catena logistica ci sono principalmente due soluzioni: i nastri in polipropilene, che derivano dal petrolio e sono maggiormente impattanti, e quelli in carta gommata, come quelli usati dalla principale piattaforma di e-commerce mondiale. Anche su questa specifica tecnologia siamo stati antesignani, avendo cominciato a fare macchine di questo tipo già 30 anni fa. Il problema è che il materiale ha un prezzo maggiormente elevato e il costo si riflette sul cliente e sull’utente finale. Purtroppo non tutti i mercati sono maturi per accettarlo.

Poi c’è il tema delle performance meccaniche. Faccio l’esempio del settore automotive: qua si impiegano perlopiù materiali non eco, perché è necessario privilegiare le caratteristiche di robustezza, per esempio scegliendo quelli che inibiscano o abbiano resistenza al fuoco. O ancora: in passato abbiamo lavorato con un cliente cinese che produceva un nastro fatto di carbonato di calcio, che era a bassissimo impatto ma privo delle caratteristiche di resistenza necessarie a poter essere impiegato industrialmente. In questo senso è fondamentale la ricerca sui materiali: bisogna arrivare ad avere prodotti eco-compatibili che siano sostenibili anche sotto il profilo dei costi”.

 

Qual è stato il senso della vostra partecipazione ad IPACK-IMA nel 2022 e cosa vi aspettate dalla prossima edizione?

“Abbiamo sempre partecipato ad IPACK-IMA, che per noi è diventato un appuntamento tradizionale. Il 2022 scorso ha segnato il ritorno alla normalità dopo la pandemia e i risultati sono stati all’altezza delle aspettative. Certo, il mondo post Covid è cambiato e il settore delle fiere deve tenerne conto. Credo però che il taglio dato ad IPACK-IMA sia giusto, sia come cadenza che come durata. Forse si potrebbe far qualcosa per legare maggiormente la fiera al turismo cittadino, dal momento che anche Milano si è evoluta molto negli ultimi anni, ed è diventata accogliente e attrattiva. Oggi è ancora presto per sapere cosa succederà nel 2025 ma, al di là della fiera, il nostro auspicio è che tornino a normalizzarsi i prezzi delle materie prime e che si calmino le acque dal punto di vista internazionale, in modo da infondere nuova fiducia al mercato”.